La pace concordata tra Russia, Azerbaijan e Armenia, dopo una guerra violenta cominciata il 27 settembre scorso che ha interessato la regione del Nagorno-Karabakh, abitata prevalentemente da Armeni, da quando, nel 1994 , l’ avevano conquistata sottraendola al controllo dell’Azerbaijan, nel cui territorio era inserita, ha scontentato gli armeni, che avevano riposto somma fiducia nell’appoggio a loro favore della Russia, che si è dai tempi più remoti sempre posta a difesa dei loro interessi, a rischio di scontentare le popolazioni islamiche dell’Azerbaijan, della stessa etnia turca e tuttavia completamente assimilate nell’impero sovietico dell’URSS, di cui facevano parte. Un altro successo della Turchia, prima ancora che della Russia, nell’ambito di un territorio importantissimo del Caucaso meridionale, che diventa a “cogestione” russa e turca, dal momento che l’Azerbaijan è stato fin dall’inizio del conflitto sostenuto dagli armamenti della Turchia (oltre che della Russia), che ne ha condiviso gli oneri militari e l’esultanza per la vittoria. La Russia, d’altro canto, ha a sua volta raggiunto un traguardo diplomatico notevole, aumentando così il suo prestigio e “imponendo” con la sua voce autorevole una pace importantissima per la cessazione delle operazioni di guerra, rendendosi più amica la Turchia, cosa che, nella situazione internazionale attuale, ha ritenuto possa essere più conveniente che sostenere fino in fondo , con un impegno bellico che non si sa fin dove si sarebbe potuto spingere, gli interessi degli armeni. La guerra si era da subito presentata cruenta e a favore dell’Azerbaijan. La qual cosa ha di certo influito sulla decisione di Mosca di intervenire per garantire che si limitassero i danni dopo un mese di scontri di cui sono state vittime anche moltissimi civili. L’accordo potrebbe essere nei suoi nove punti fragile come la pace e pieno di incognite. Gli armeni lasciano le loro case nel Nagorno Karabash, riconquistate dall’Azerbaijan, bruciandole. A garantire quest’accordo ci sono però i russi che hanno inviato un contingente di circa duemila soldati, trecentottanta mezzi militari e novanta blindati, per garantire che il “cessate il fuoco” duri e si ristabilisca una stabilità accettabile, stanziati lungo un corridoio di terra che dal Nagorno Karabakh si congiunge all’Armenia. La tensione si mantiene comunque molto alta tra gli armeni, che hanno accusato il primo ministro Pashinyan di “tradimento” e hanno subito dopo l’accordo preso d’assalto il parlamento. Il ministro armeno si è detto anche lui profondamente addolorato per un accordo accettato a malincuore e che non si poteva evitare. Il presidente azero Aliyev sostiene che la pace sarà“a lungo termine”, dopo la necessaria resa da parte dell’Armenia. Tra tutti i protagonisti del conflitto esce vincitrice la Turchia, che definisce “fratelli” gli abitanti dell’Azerbaijan. “Due terre, un solo popolo” si sente dire ad Ankara. Sembra al momento che la Turchia vada molto d’accordo con la Russia, con cui si intende anche nella gestione delle questioni siriana e libica e, cosa ancora più importante, si è garantita la sicurezza energetica che passa per i quattrocento e più chilometri di oleodotti che attraversano l’Azerbaijan (nella regione contesa) e la Georgia, puntando infine verso le coste turche.